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Selezione del personale: significato, guida e fasi

Creare un team di efficace, che permetta all’azienda di crescere e di raggiungere il successo: è questo l’obiettivo della selezione del personale, il processo attraverso il quale un’impresa inserisce nuovi talenti nella propria squadra. A parole potrebbe sembrare semplice, ma chi ha già affrontato in passato l’attività di reclutamento sa molto bene quanto la ricerca e la selezione del personale nascondano molte insidie, e che individuare di volta in volta il migliore tra i candidati è tutt’altro che facile. E – come del resto vedremo più avanti e nel dettaglio in questa guida alla selezione del personale – gli errori in fase di recruiting si pagano successivamente a caro prezzo, nella consapevolezza che inserire la persona sbagliata può compromettere anche seriamente le performance del team e dell’azienda.

Qui vedremo quindi un’introduzione completa alla selezione del personale: spiegheremo cos’è e quali sono le fasi che la compongono (dalla job analysis all’onboarding), per approfondire successivamente alcuni elementi chiave del processo e proporre delle interessanti alternative ai classici percorsi per il recruiting. Vale la pena dedicare tempo e attenzione a ognuno di questi step, nella consapevolezza che migliorare il reclutamento dei collaboratori permette di aumentare efficienza e produttività, riducendo parallelamente i costi.

Selezione del personale: il significato

Iniziamo con lo spiegare cos’è nel concreto la selezione del personale. A livello internazionale, pescando dalla lingua inglese, ci si riferisce a questo processo con i termini recruiting e recruitment. Il Cambridge Dictionary, per esempio, offre questa definizione di recruitment: “the process of finding people to work for a company or become a new member of an organization”.
Più nel dettaglio, con il termine selezione del personale si indica quell’insieme di attività volte ad attirare, a identificare e a inserire in un’azienda nuovi dipendenti, nel modo più efficace possibile. È possibile anche definire il recruiting come l’insieme dei passaggi che portano all’assunzione di una o più persone.

Si potrebbe pensare, superficialmente, che occuparsi del reclutamento di personale per un’azienda voglia dire guardare esclusivamente all’esterno, analizzando nel dettaglio le persone che potrebbero essere inserite nella propria squadra. Come meglio si vedrà più sotto, nel paragrafo dedicato alle fasi della selezione del personale, prima di guardare all’esterno è bene concentrarsi sull’interno, e quindi sulle effettive esigenze dell’azienda, sulle competenze già presenti, sugli obiettivi futuri, e via dicendo. Solo a partire da una piena e dettagliata conoscenza della propria azienda, infatti, è possibile strutturare un processo di ricerca e di selezione del personale di alta qualità, e quindi efficace.

La differenza tra selezione del personale e ricerca del personale

Con il termine selezione del personale ci si riferisce abitualmente all’intero processo di ricerca e selezione del personale. Va però detto per precisione che i termini selezione del personale e ricerca del personale individuano due momenti differenti del percorso di reclutamento. Nel dettaglio, la prima parte del processo di recruiting è quella propriamente di ricerca, con un’azienda – o un’agenzia di recruiting – che si mette al lavoro per ricercare dei candidati per un determinato ruolo e che identifica quelli con un profilo compatibile, considerando fattori come l’esperienza e le competenze.
La selezione del personale inizia dopo, quando i candidati sono già stati “cercati” e individuati. Selezionare il personale vuol dire quindi in questo senso effettuare lo screening dei curricula arrivati, e passare poi ai colloqui di lavoro.

Si capisce dunque che ricerca e selezione non sono uguali. Vale la pena sottolineare fin d’ora, peraltro, che non è detto che prima di un processo di selezione ci sia forzatamente un processo di ricerca: si potrebbe infatti partire da dei profili già presenti, ovvero per esempio da delle persone che nel tempo hanno presentato la propria candidatura spontanea, oppure da delle persone già impiegate in azienda che, per mezzo di un trasferimento o una promozione, potrebbero ricoprire il ruolo vacante.

Vediamo ora quali sono le principali fasi del processo di recruiting.

Le fasi del processo di selezione

Le differenti agenzie di selezione del personale affrontano il processo di recruiting in modo leggermente diverso. Non ci sono però dubbi: per avere la certezza di inserire il migliore dei candidati possibili è necessario seguire un percorso strutturato con una sequenza abbastanza precisa di attività. Ecco quali sono:

La definizione del bisogno

Come si è anticipato sopra, il processo di ricerca e selezione del personale inizia con lo sguardo puntato non all’esterno, non al pubblico dei potenziali candidati, quanto invece verso l’interno, a individuare quelle che sono le reali esigenze dell’azienda. Quali sono i bisogni che l’organizzazione intende soddisfare con l’inserimento di questa nuova risorsa? Porgersi questa domanda è fondamentale per poter definire il profilo che si sta cercando.

Una buona definizione delle esigenze aziendali prevede un’analisi del capitale umano già presente in azienda, così da poter individuare quelle che sono le carenze presenti nel team, quali sono le aree da migliorare, e quali sono le competenze già presenti a livello sufficiente o persino abbondante. Queste informazioni vanno successivamente rapportate al carico di lavoro e agli obiettivi del business, presenti e futuri.
Partendo da un’analisi approfondita di questo tipo si potrà avere la certezza di fare partire il processo di selezione del personale su delle basi solide, sicure, eliminando il rischio di compromettere fin dall’inizio l’attività di reclutamento ricercando la figura sbagliata. Con queste informazioni messe nero su bianco è possibile passare alla prossima fase della ricerca e selezione del personale, ovvero la job analysis.

Dalla job analysis alla job description

Un efficace processo di recruitment deve poter contare su un numero sufficiente di candidati con le carte giuste. Per fare questo è bene assicurarsi che l’annuncio di lavoro non sia solo corretto, ma anche efficace, e quindi attraente. Da dove iniziare?
Il primo step da affrontare è quello della job analysis, andando quindi ad analizzare e tutte le informazioni relative ai requisiti fondamentali per ricoprire quella precisa posizione in azienda. Quanti anni di esperienza sono necessari per quel ruolo? Quali sono i titoli di studio che potranno essere giudicati come coerenti con il profilo ricercato? Quali sono le soft skill che non possono assolutamente mancare nella figura da inserire in azienda?

Rispondendo a queste domande si individueranno quelli che sono i requisiti fondamentali per la nuova figura da ricercare. Diventerà così più semplice realizzare un annuncio di lavoro corretto e soprattutto efficace, tale da attirare, cioè, unicamente delle persone con le caratteristiche ricercate: diversamente, un annuncio di lavoro troppo vago finirà con l’attirare decine o centinaia di curricula di candidati che presentano le caratteristiche ricercate dall’azienda, con l’unica conseguenza di rendere il lavoro del recruiter più lento e meno efficace.

La pubblicazione dell’offerta di lavoro

Una volta individuati gli elementi chiave della job description è possibile passare alla stesura dell’annuncio di lavoro (anche se, come si vedrà più avanti in questa guida alla selezione del personale, non è detto che ogni processo di recruiting debba necessariamente prevedere la pubblicazione di un annuncio di lavoro). Tale testo deve necessariamente contenere una serie di elementi fondamentali, senza quale l’annuncio risulterebbe inevitabilmente incompleto e dunque meno efficace. Si parla di:

  • La posizione lavorativa vacante
  • Le competenze necessarie
  • Gli eventuali titoli di studi ritenuti indispensabili
  • Gli anni di esperienza nel ruolo indicato
  • Il tipo di contratto offerto (a tempo pieno o a tempo parziale)
  • Eventuali opportunità di crescita
  • La retribuzione annua proposta

 

Una volta preparato l’annuncio di lavoro, è possibile passare alla sua pubblicazione. Va detto che esistono diversi canali che permettono di dare visibilità alla propria ricerca di personale, dai portali specializzati nella pubblicazione di annunci di lavoro online fino ai social media, per non dimenticare che anche il sito web aziendale può diventare un utile canale per la ricerca di personale, con l’inaugurazione di una sezione del tipo “lavora con noi” oppure “carriere”.
Una volta pubblicato l’annuncio, ha ufficialmente inizio anche per il mondo esterno il processo di ricerca e selezione del personale. Trascorsi alcuni giorni si potrà tendenzialmente contare su un discreto numero di candidature.

Lo screening dei candidati

Nei giorni successivi alla pubblicazione dell’annuncio di lavoro, le candidature si concretizzano con un numero variabile di curricula vitae, accompagnati eventualmente da delle lettere di presentazione. Il lavoro dell’agenzia di selezione del personale o dell’ufficio HR a questo punto è effettuare una prima fondamentale scrematura dei candidati: attraverso una lettura veloce del CV arrivati in sede si procederà con la sistematica eliminazione delle persone che non presentano i requisiti necessari. Si parla quindi per esempio di CV che non presentano le esperienze o le competenze indicate invece come indispensabili nell’annuncio di ricerca di lavoro; ma anche di curriculum intrisi di errori, tali cioè da compromettere del tutto una candidatura, a prescindere dalle competenze e dalle esperienze effettivamente presenti nel CV.
La scrematura delle candidature, quando si ricevono centinaia di risposte, può essere già di per sé gravosa. Per questo motivo è essenziale scrivere degli annunci di lavoro chiari, con delle clausole d’accesso altrettanto cristalline. Va peraltro detto che le aziende più strutturate, come le agenzie di selezione del personale, utilizzano dei software ad hoc per la scrematura dei CV.

I colloqui di lavoro

Una volta scremati i CV è possibile passare al vivo del processo di selezione del personale. A questo punto il recruiter si troverà infatti tra le mani un numero variabile di curricula ritenuti idonei: sarà dunque necessario contattare questi candidati per fissare un primo incontro conoscitivo. Va infatti sottolineato che frequentemente per una selezione attenta dei talenti da inserire nel team si rendono necessari più colloqui, con i migliori candidati che possono dunque dover affrontare due, tre, quattro o più colloqui di lavoro. Non è quindi raro – per facilitare la vita dei candidati e per sfruttare al meglio il tempo dei recruiter – che il primo colloquio di lavoro, di tipo preliminare e conoscitivo, sia svolto da remoto, attraverso programmi di videochiamata.

Gestire in modo efficace un colloquio di lavoro, sia questo da remoto o in presenza, non è facile. Se è vero che questo incontro è fonte di grande nervosismo per gran parte dei candidati, è altrettanto vero che durante i colloqui i selezionatori sono chiamati a capire – in poco tempo – se la persona che sta di fronte possa o meno essere considerato un candidato idoneo per la posizione vacante. Non stupisce quindi che negli anni siano andate affinandosi sempre di più le tecniche di gestione dei colloqui di lavoro, a livello di quesiti da porgere ai candidati, a osservazione del linguaggio non verbale, alla somministrazione di test, e via dicendo.

I controlli ulteriori

I colloqui di lavoro sono essenziali per conoscere meglio i candidati, per andare, cioè, oltre quanto è possibile desumere da un curriculum vitae. Un recruiter esperto, meglio ancora se specializzato in quel preciso settore (dal settore informatico a quello legale, dall’automotive fino al sales) può raccogliere tantissime informazioni durante un colloquio di lavoro, relative all’esperienza, alle competenze tecniche, alle soft skill, all’approccio al lavoro, agli obiettivi di carriera, alla resistenza allo stress, e via dicendo. Ma questo non vuol certo dire che i colloqui siano sempre sufficienti per sapere tutto il necessario su una rosa di candidati. Per questo motivo è spesso necessario andare oltre, cercando quindi altre vie per raccogliere ulteriori informazioni.

È possibile, per esempio, controllare le referenze dei singoli candidati, per avere conferma di quanto riportato dall’aspirante dipendente e per raccogliere altri dati utili. Non è tutto qui: è possibile preparare dei test, nonché analizzare la presenza online dei candidati, osservando i rispettivi profili sui social network, da LinkedIn fino a Facebook. Potendo contare su una quantità importante di dati e informazioni sulla rosa di candidati selezionati dopo un primo o un secondo round di colloqui sarà più facile e più sicuro prendere una decisione.

L’offerta al candidato migliore

A questo punto del processo di selezione del personale è possibile finalizzare, con la proposta di lavoro al candidato migliore, con l’eventuale negoziazione e, infine, con la stipula del contratto. Sbaglia chi è convinto che un candidato, per il solo fatto di aver per l’appunto avanzato la propria candidatura e di aver passato con successo i colloqui e gli eventuali test, sia al 100% sicuro di voler accettare la proposta di lavoro. Sarà quindi bene farsi trovare pronti per convincere il potenziale futuro dipendente a dire di sì, sapendo che potrebbe essere possibile negoziare a livello di stipendio, di benefit, di flessibilità. Questo è vero soprattutto per le offerte di lavoro che vengono fatte a delle figure qualificate che possono contare su una massiccia domanda da parte del mercato: in questi casi il potere di negoziazione del candidato è particolarmente alto.
Una volta arrivati a un accordo sarà possibile passare alla stipula del contratto, nel quale devono essere obbligatoriamente presenti elementi come il ruolo con cui la risorsa viene assunta, le mansioni, lo stipendio, l’orario di lavoro nonché informazioni relative alle ferie, all’eventuale periodo di prova, al luogo di lavoro e così via.

L’onboarding in azienda

Chi non si occupa affatto di selezione del personale è convinto che questo processo di concluda con l’individuazione del migliore candidato, o immediatamente dopo, con la sua assunzione. Non è esattamente così: in realtà questa procedura, per essere completa ed efficace, oltrepassa il momento della stipula del contratto, continuando anche durante l’inserimento della nuova risorsa. Numerose indagini condotte a livello internazionale negli ultimi anni hanno infatti dimostrato che, per aumentare la produttività e l’efficacia dei nuovi assunti, nonché per ridurre al minimo il tasso di turn over, è fondamentale prestare attenzione all’onboarding, ovvero per l’appunto alle prime settimane in azienda.

In questo primo periodo di lavoro, infatti, i neoassunti vengono introdotti ai valori e alla cultura dell’azienda, così come vengono presentate le procedure, le politiche e le usanze interne. Non si tratta semplicemente di un addestramento: è un graduale inserimento che mira all’integrazione, al coinvolgimento delle nuove leve, alla creazione – e al mantenimento – di una ambiente di lavoro sereno. Il processo di onboarding inizia con la predisposizione di tutti i documenti, di tutte le guide e di tutti gli strumenti necessari al lavoratore per affrontare i primi giorni in azienda – dai pass ai moduli di sicurezza, dal pc aziendale fino ai buoni pasto – e continua con la formazione, con i momenti di socializzazione e con il monitoraggio del suo percorso.

Come ottimizzare gli annunci di lavoro

Viste le principali fasi del processo di ricerca e selezione del personale, è possibile approfondire ora alcuni tra gli aspetti più importanti per arrivare a un risultato positivo per l’azienda come per le risorse coinvolte nel processo. Abbiamo visto in precedenza che un annuncio di lavoro poco curato o scritto in modo poco professionale possa compromettere in modo grave il relativo processo di selezione del personale: vediamo quindi come migliorare questo primo e fondamentale elemento per il recruitment delle nuove risorse.

  • Non troppo vago: l’annuncio di lavoro non deve peccare a livello di vaghezza. Il risultato sarebbe quello di essere inondati da candidature inviate da persone che, in realtà non possiedono le competenze o le esperienze necessarie per essere prese effettivamente in considerazione per quella posizione. È bene quindi individuare nel dettaglio i requisiti obbligatori e riportarli chiaramente nell’annuncio di lavoro.
  • Non troppo restrittivo: nello scrivere un annuncio di lavoro non si pecca solamente a livello di vaghezza. Anzi, talvolta il problema è opposto, con le aziende che finiscono per pubblicare degli annunci fin troppo restrittivi, andando a tratteggiare dei profili inesistenti: così facendo si rischia di non raccogliere nessuna candidatura. Può quindi essere utile dividere tra competenze essenziali e competenze accessorie, ovvero apprezzate ma non indispensabili per essere presi in considerazione.
  • Monitorare la concorrenza: soprattutto per le aziende che si mettono alla ricerca di professionisti particolarmente difficili da attirare, per via della ridotta presenza sul mercato del lavoro, vale certamente la pena – al momento della realizzazione dell’annuncio di lavoro – controllare quanto fatto dalla concorrenza. Come comunicano i competitor che cercano dei professionisti per una posizione di quel tipo? Cosa chiedono, e cosa offrono?
  • Ottimizzare gli annunci per i motori di ricerca: è possibile che chi cerca un lavoro, anziché partire dai filtri dei vari portali che ospitano gli annunci di lavoro, faccia direttamente delle ricerche da Google, o attraverso gli strumenti di ricerca del portale stesso. Ecco che allora diventa importante “ottimizzare” gli annunci di lavoro inserendo le più efficaci parole chiave per la posizione offerta, dal ruolo (data scientist, chef, store manager) alla posizione geografica. Non va dimenticato che molti ruoli vengono indicati in diversi modi: pensiamo al caso di developer e di sviluppatore, di chef e di cuoco e così via. In questi casi è bene inserire nell’annuncio entrambe le varianti.
  • Inserire una descrizione dell’azienda: talvolta chi realizza un annuncio di lavoro sembra dimenticare che nel processo di ricerca e di selezione del personale è bene attirare l’interesse dei migliori candidati, presentando cioè al meglio il proprio ambiente di lavoro. Per questo motivo nel testo dell’annuncio è bene riservare un breve spazio alla descrizione dell’azienda, citando elementi come settore, anni di esistenza, progetti e clienti importanti, e via dicendo.

Come migliorare la gestione dei colloqui di lavoro

ricerca e selezione del personale: colloqui di lavoro

Passiamo ora a un approfondimento su come migliorare la gestione dei colloqui di lavoro. Va specificato fin da subito che per impostare e sfruttare in modo efficace le job interview con i candidati sono necessarie esperienza e competenze: per questo motivo il consiglio principale è sempre quello di affidarsi a delle agenzie di selezione del personale, che si occupano quotidianamente di recruiting.

Il rischio è infatti quello di condurre il colloquio di lavoro in modo superficiale, ponendo quindi delle domande di rito senza però poter analizzare effettivamente le risposte dei candidati. Non è tutto qui: spesso chi si improvvisa recruiter senza averne le competenze lascia che dei bias e dei preconcetti influenzino in modo decisivo la propria visione dei candidati, compromettendo di conseguenza il giudizio finale e l’intero processo di selezione del personale.

Detto questo, affrontare in modo corretto un colloquio di lavoro vuol dire prima di tutto mettere i candidati nelle condizioni di dare il meglio di sé: è bene dunque presentarsi e descrivere brevemente il ruolo e l’azienda, così da mettere a proprio agio gli interlocutori. Dopodiché potrà iniziare il colloquio vero e proprio, con delle domande tese a rivedere quanto riportato nel CV e con quesiti volti a raccogliere ulteriori informazioni. Quali sono gli obiettivi di carriera del candidato? In che modo affronterebbe determinate situazioni? Quali sono le ragioni che hanno spinto alla candidatura? Cosa sa l’intervistato dell’azienda?

Ogni singola risposta, anche la più breve e semplice, permette di approfondire la conoscenza dei candidati. Il loro linguaggio non verbale, le pause, i termini utilizzati, la presenza o l’assenza di domande, la curiosità per il ruolo: questi sono solamente alcuni degli elementi che chi gestisce un colloquio di lavoro dovrebbe considerare per prendere la migliore delle decisioni.

Un ultimo consiglio: è sempre bene prendere appunti durante i colloqui, per non ritrovarsi alla fine di una giornata dedicata agli incontri senza ricordare esattamente le impressioni raccolte nelle singole job interview.

Il ruolo dell’employer branding nella selezione del personale

Negli ultimi anni è risultata via via sempre più evidente l’estrema importanza dell’employer branding per rendere più efficace la selezione del personale: l’azienda che desidera aumentare l’efficacia nella talent acquisition dovrebbe infatti investire in modo regolare nell’ottimizzazione del proprio brand in qualità di datore di lavoro.

Soprattutto quando si parla di veri talenti, e dunque di professionisti contesi sul mercato del lavoro, gli annunci di lavoro, i benefit e le retribuzioni competitive non mancano. Diventa in questi casi essenziali promuovere la propria azienda come un luogo in cui costruire una carriera professionale soddisfacente. Come fare? L’arma più efficace è per l’appunto quella della messa a punto di una strategia di employer branding efficace, che deve puntare all’autenticità, alla coerenza e all’unicità, nella consapevolezza che nessun luogo di lavoro è e può essere uguale a un altro.

È bene sottolineare che investire in una strategia di employer branding non vuol dire limitarsi a promuovere l’immagine dell’azienda, raccontando qualcosa che in realtà non esiste: narrazioni di questo tipo finiscono infatti per essere dannose, nella consapevolezza che i dipendenti – e di conseguenza gli osservatori esterni – si accorgono molto rapidamente delle discrepanze presenti tra immagine presentata al pubblico e quotidianità lavorativa.

E ancora, non va dimenticato il fatto che l’employer branding è una strategia che richiede un impegno regolare nel tempo, che non può cioè limitarsi alle settimane precedenti la pubblicazione di un annuncio di lavoro: lungi dall’essere un’iniziativa a breve termine, è un processo in continua evoluzione. Qui abbiamo spiegato come delineare la propria strategia di employer branding in modo efficace.

Selezione del personale: non sottovalutare l’internal recruiting

Si potrebbe pensare che un’agenzia di selezione del personale intenda il processo di recruitment esclusivamente come esterno. Ma non deve per forza essere così: in taluni casi infatti le aziende possiedono già internamente le risorse necessarie per ricoprire in modo egregio una posizione vacante. Ecco che allora talvolta è bene prendere in considerazione non la pubblicazione di un annuncio di lavoro, non l’avvio di un processo classico di ricerca e selezione del personale, quanto invece un processo di internal recruitment, cercando la persona giusta tra i dipendenti dell’azienda. Di certo ci sono molti vantaggi, come per esempio la possibilità di ridurre i tempi e i costi del processo di individuazione della risorsa, nonché il chiaro beneficio di avere a che fare con una persona nota, che peraltro conosce a sua volta in modo soddisfacente l’azienda.

Non è però possibile trascurare gli ovvi svantaggi di questa opzione. Pensiamo al fatto che il pubblico di riferimento sarà per forza di cose limitato, nonché ovviamente alle necessità – in caso di individuazione della risorsa giusta all’interno dell’azienda – di dover comunque avviare poco dopo un processo di selezione del personale per colmare un’altra posizione rimasta scoperta. Non è tutto qui: è da mettere in conto un certo grado di delusione che potrebbe essere sentito da quei dipendenti che, pur essendosi candidati per il passaggio al nuovo ruolo, non hanno raggiunto il risultato sperato. Questo in taluni casi potrebbe ridurre la qualità del loro lavoro e il loro livello di engagement.

I candidati attivi e i candidati passivi: la differenza

In una guida completa alla selezione del personale non si può trascurare la differenza tra candidati attivi e candidati passivi. Tra i primi ci sono i candidati “classici”, ovvero le persone che – occupate o meno – sono alla ricerca di un nuovo lavoro, e che quindi consultano i portali di annunci, cercano offerte di lavoro su LinkedIn e si rendono disponibili per nuove opportunità lavorative. I candidati passivi sono invece quelli che non sono alla ricerca attiva di un lavoro, essendo già occupati e non avendo espresso nessuna specifica volontà di trovare una nuova posizione.

Attirare l’attenzione dei candidati attivi non è difficile: l’iter da seguire è esattamente quello visto finora in questa guida alla selezione del personale, dalla pubblicazione dell’annuncio di lavoro in poi. I candidati passivi, non essendo alla ricerca di un nuovo lavoro, non si imbatteranno invece in alcun annuncio: da qui la difficoltà di inserire nei processi di recruiting anche questi professionisti, tutt’altro che semplici da individuare, da contattare, da incuriosire ed eventualmente, infine, da convincere.

Eppure proprio i candidati passivi figurano tra i più desiderati dalle aziende più accorte, essendo in media più aggiornati e più competenti. Proprio questo aspetto, peraltro, rientra nei vantaggi di rivolgersi a una società di head hunting per la gestione dei processi di selezione del personale qualificato, di manager e di dirigenti.

Inserire nuovi talenti con l’head hunting: modalità e vantaggi

Per capire come funziona l’head hunting e quali vantaggi garantisce alle aziende è necessario scoprire la figura dell’head hunter, ovvero, nella lingua italiana, del cacciatore di teste. Questo è il professionista del mondo del recruiting che si occupa squisitamente di ricerca e di selezione del personale, attraverso delle modalità che differiscono da quelle “standard” del recruiter: come suggerisce il nome, l’head hunter si dà infatti alla caccia diretta dei candidati.

Se quindi un normale recruiter poggia buona parte della propria attività di reclutamento sugli annunci di lavoro, il cacciatore di teste fa leva sul proprio network, costruito e sviluppato nel tempo.
L’head hunter, infatti, punta principalmente ai candidati passivi: anziché pubblicare degli annunci di lavoro puntando a raccogliere l’interesse dei candidati attivi, si mette al lavoro per individuare i professionisti con le giuste competenze e la necessaria esperienza professionale, siano essi alla ricerca di un nuovo lavoro o meno. Una volta individuato il profilo ricercato, l’head hunter propone l’opportunità di lavoro, illustrando i vantaggi di questa possibilità per stuzzicare la curiosità del potenziale candidato.

A questo punto risultano piuttosto chiari i vantaggi del rivolgersi a un head hunter piuttosto che a un recruiter: al di là dei benefici dell’accedere a un pool selezionato di candidati passivi altrimenti irraggiungibili, grazie all’attività del cacciatore di teste sarà possibile avere un processo di selezione del personale più veloce, nonché più riservato, non prevedendo automaticamente la pubblicazione di un annuncio di lavoro.

Dopo la selezione del personale: l’employee retention

Non basta condurre in modo professionale e attento il processo di selezione del personale: terminato l’onboarding, è bene fare in modo che la risorsa così faticosamente attirata, selezionata, assunta e formata resti a lungo in azienda, per avere un buon ritorno sull’investimento fatto. Per ridurre il numero di dimissioni volontarie e quindi il tasso di turnover è importante aumentare la propria capacità di trattenere e fidelizzare i dipendenti dell’azienda, lavorando cioè all’employee retention. Con questo termine si indica infatti l’insieme delle politiche e delle attività aziendali volte ad accrescere il livello di benessere, di soddisfazione e di engagement dei collaboratori.
I principali fattori che spingono il personale dipendente a lasciare volontariamente l’azienda sono del resto noti. Si parla infatti dell’insufficiente equilibrio tra vita lavorativa e vita personale, della mancanza di opportunità di crescita e di formazione, nonché dell’insoddisfazione di fronte agli stipendi e ai benefit offerti dalle aziende. Questi sono quindi i primi aspetti sui quali lavorare per migliorare l’employee retention, ma non sono gli unici.

Per ridurre il tasso di turnover è bene prendere in considerazione tutti i momenti che compongono il rapporto tra dipendente e azienda, dall’onboarding in poi, individuando le eventuali carenze.

I costi delle assunzioni sbagliate

In chiusura di questa guida sulla selezione del personale, per eliminare gli ultimi dubbi sulla necessità di investire in un processo di recruitment di qualità, vale la pena riportare quelli che sono i principali costi di una o più assunzioni sbagliate o poco accorte. Sono tali le assunzioni che portano all’inserimento di risorse non adatte o non performanti, o di persone che, non riuscendo ad adattarsi al nuovo posto di lavoro, decidono di presentare le dimissioni.
Stando a un’indagine condotta dalla Recruitment & Employment Confederation (REC), l’assunzione errata di una risorsa con una RAL di 49.000 euro presenta per l’azienda un costo pari a 154.000 euro. Come può essere così alta questa cifra? Semplice: gli elementi da sommare per avere il costo complessivo sono molti. Si parla infatti di:

  • I costi del processo di ricerca e di selezione del personale e della sua ripetizione per trovare una nuova risorsa;
  • Le spese effettuate nel tempo per inserire e formare la nuova risorsa;
  • I costi conseguenti alla riduzione del morale nel team di lavoro per via dell’inserimento di una persona non in linea con le effettive esigenze aziendali;
  • Il calo di produttività legato all’inserimento in squadra di una persona non adatta;
  • I problemi causati dal sovraccarico di lavoro sugli altri colleghi, a causa delle performance ridotte, delle assenze e delle dimissioni della risorsa assunta erroneamente;
  • L’impatto sull’immagine aziendale nel caso in cui le performance insufficienti della risorsa impattino negativamente su un progetto o su un cliente, a livello di qualità, di quantità o di tempistiche.

Perché scegliere Adami & Associati per la selezione del personale

Un’assunzione errata può costare quindi molto, moltissimo, causando seri problemi in azienda. Per questo motivo la selezione del personale dovrebbe essere affidata a professionisti capaci: Adami & Associati mette a disposizione delle aziende la lunga esperienza dei propri head hunter, ognuno specializzato in una specifica area professionale.

Parliamo quindi di cacciatori di teste pronti a condurre la selezione del personale tra candidati attivi e passivi, di head hunter che, concentrandosi in un preciso settore (Finance, Retail, IT, Fashion, Sales e via dicendo), possono contare su network di contatti di alto valore, per dei processi di recruitment veloci ed efficaci. Non è tutto qui: il nostro servizio di head hunting poggia su un solido codice etico, che vieta tra le altre cose di contattare soggetti che lavorano in aziende clienti e di presentare allo stesso tempo un candidato a più aziende.Adami & Associati, inoltre, assicura alle aziende una garanzia di successo: nel malaugurato e raro caso in cui la risorsa selezionata si dimostri inadatta alla posizione professionale, i nostri cacciatori di teste ripeteranno il processo di selezione del personale, senza nessun costo aggiuntivo.

Vuoi il supporto di Adami & Associati per i tuoi processi di ricerca e selezione del personale? Contattaci, per ricevere ulteriori informazioni o per un preventivo su misura.

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