La mole di adempimenti fiscali da rispettare è sempre più grande e importante. Non deve dunque stupire se sono sempre di più le aziende che si rivolgono a dei cacciatori di teste specializzati nella selezione del personale legale, affidando loro la ricerca di un tax manager in grado di pianificare e ottimizzare il carico fiscale. La tendenza, dunque, è quella di affidare a delle figure specifiche e altamente qualificate l’intera gestione dell’area fiscale.
Sarebbe sbagliato, però, pensare al tax manager come a un professionista il cui unico compito – visto dall’esterno – è quello di ridimensionare le proposte degli altri manager aziendali, bocciando regolarmente i nuovi piani di business in nome del pieno – e sacrosanto – rispetto delle regole fiscali. Chi si occupa della selezione del personale legale e quindi della ricerca del tax manager sa infatti molto bene che, soprattutto negli ultimi anni, questa figura si è allontanata in modo marcato dal suo quasi stereotipato ruolo del ‘signor NO’. Ormai, infatti, il suo compito non è in alcun modo quello di infilarsi alla fine della pianificazioni per stoppare i progetti più ambiziosi. No: sempre di più il tax manager è chiamato a confrontarsi con gli altri manager fin dall’inizio della progettazione dei piani di business, per avere così una funzione sempre più costruttiva.
L’evoluzione del tax manager
Il cambiamento del ruolo del tax manager è da ricondurre probabilmente all’inasprirsi dei controlli fiscali sulle multinazionali, così come comandato dal piano BEPS (Base Erosion and Profit Shifting) dell’Ocse, attraverso il quale si è iniziato a stare con il fiato sul collo a queste grandi aziende. Secondo l’Ocse, infatti, il continuo lavorio delle multinazionali per sfruttare i più piccoli cavilli fiscali a proprio favore porta – portava – a un enorme danno per gli Stati, quantificabile tra i 100 e i 240 miliardi di euro annuali. Da qui, dunque, la dichiarazione di guerra contro i fenomeni di elusione e di evasione fiscale, con le più grandi aziende internazionali impegnate a evitare non solo contraccolpi finanziari e legali, ma anche reputazionali.
Si pensi, per esempio, ai problemi che Apple ha avuto con l’Agenzia delle Entrate, o per esempio alle accuse di evasione fiscale nei confronti di Amazon. In entrambi i casi, visti gli enormi gap tra vendite dichiarate e vendite reali, i marchi hanno scelto di fare un passo indietro, versando svariati milioni di euro nelle casse del nostro Paese. Lo stesso, del resto, è successo anche in altri Stati. Da qui la corsa ai ripari, con gli head hunter specializzati nella selezione del personale legale a individuare dei tax manager in grado di coordinare al meglio le decisioni aziendali.
Di fronte alla necessità di rispettare scrupolosamente le norme fiscali senza ridurre eccessivamente i propri margini di guadagno, le aziende – non solo le multinazionali – hanno infatti bisogno di un professionista in grado di supportare al meglio la definizione delle nuove strategie di business. Per questo il tax manager non solo è diventato indispensabile, ma viene coinvolto fin dall’inizio nei nuovi progetti, acquisendo importanza all’interno delle imprese e, talvolta, arrivando fino ai consigli di amministrazione.
Il suo compito è sempre quello di pianificare le strategie di tassazione aziendali, al quale si aggiunge quello di fornire di volta in volta delle chiavi di lettura vincenti agli altri manager. In un’epoca in cui il controllo del rischio fiscale è sempre più centrale, proprio ora che il rapporto tra aziende e fisco sembra essere destinato a diventare sempre più collaborativo, è importantissimo affidarsi a dei recruiter della selezione del personale legale per individuare il tax manager più adatto alla propria azienda.
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