Il curriculum vitae è composto da tante informazioni differenti. Si tratta perlopiù di informazioni indispensabili, che devono quindi obbligatoriamente essere presenti all’interno del cv: parliamo per esempio dei dati personali, delle informazioni relative all’istruzione e all’esperienza professionale, delle competenze, delle lingue conosciute nonché ovviamente dei dati di contatto. Senza queste informazioni, di fatti, non si può parlare di un curriculum vitae. C’è però un altro gruppetto di dati che alcuni scelgono di inserire, e che altri invece decidono di omettere. Parliamo per esempio degli hobby, degli interessi principali, nonché delle esperienze del volontariato. Ed è proprio su queste ultime che ci vogliamo soffermare oggi. Quando inserire le esperienze di volontariato nel curriculum vitae? E quando invece dovrebbero essere taciute? E come dovrebbe essere inserito il volontariato nel curriculum vitae, senza andare a forzare la sua struttura?
Non sono domande da poco, tanto più che, come vedremo tra poco, i cacciatori di teste e i recruiter riconoscono una grande importanza alle esperienze di volontariato dei candidati. A confermarlo ci sono anche le dichiarazioni di Nicole Williams, Connection Director di LinkedIn, il quale spiega che «spesso i professionisti sono portati a credere erroneamente che il lavoro volontario non costituisca anche un’esperienza professionale. Anche se di lavoro fate il commerciale, se in passato avete organizzato una raccolta fondi per una no profit aggiungete al vostro profilo le competenze che avete acquisito, come ad esempio l’organizzazione di eventi o la loro promozione. Tali competenze aggiuntive possono fare di voi un candidato o un partner di business potenzialmente più interessante».
Perché fare del volontariato
Ancora prima di vedere perché, quando e come inserire le esperienze di volontariato nel curriculum vitae, vediamo perché, in generale, tutte le persone dovrebbero prendere in considerazione la possibilità di dedicare un po’ del proprio tempo a questo genere di attività. Istat ci dice per esempio che il 12,6% degli italiani svolge un’attività di volontariato, con un numero totale di volontari che si aggira quindi intorno ai 6,5 milioni di persone. Scegliere di impegnarsi gratuitamente per impegnare gli altri o più in generale la comunità è certamente un’azione positiva verso il prossimo, ma anche per sé stessi. Fare volontariato significa riempire la propria vita con esperienze utili, interessanti e e vere, riducendo quindi il tempo che si passerebbe altrimenti di fronte a un televisore. Queste attività permettono inoltre di conoscere nuove persone e di incrementare le proprie competenze. Non è tutto qui: fare volontariato con delle persone più bisognose ci aiuta anche a capire quanto siamo fortunati rispetto ad altri, così da comprendere quello che conta davvero nella vita.
Perché inserire le esperienze di volontariato nel curriculum vitae
I recruiter ricevono quotidianamente decine e decine di curricula. Compito del candidato alla ricerca di un lavoro è quindi quello di puntare a svettare sopra agli altri, realizzando un cv in grado di catturare l’attenzione dei selezionatori: a volte è una particolare esperienza lavorativa, altre volte è una particolare dichiarazione all’interno della lettera di presentazione, altre volta ancora sì, può essere una peculiare esperienza di volontariato nel curriculum.
Non ci sono dubbi: un’esperienza di volontariato riportata in un curriculum vitae rappresenta un valore aggiunto non trascurabile per un recruiter, il quale ha qualcosa in più da valutare. Ma non è tutto qui. Quell’indicazione va infatti ad arricchire il bagaglio di competenze e di esperienze professionali di quel particolare candidato: per questo motivo i responsabili delle risorse umane e in generale i selezionatori dedicano non poca attenzione a questa piccola sezione dei curriculum vitae.
Le esperienze di volontariato sono molto importanti soprattutto per chi ha esperienze lavorative ridotte o nulle: pensiamo quindi principalmente ai neodiplomati o ai neolaureati alla ricerca della prima esperienza professionale, e che quindi possono attestare le proprie skills con delle attività non retribuite. Ma non è tutto qui, in quanto l’attività di volontariato acquisisce particolare valore anche per quelle persone che desiderano cambiare diametralmente settore lavorativo, partendo proprio dalle esperienze accumulate durante l’esperienza di volontariato. E ancora, un selezionatore può risultare positivamente colpito dal curriculum vitae di una persona che, durante un periodo di disoccupazione, ha deciso di dedicarsi alla comunità e all’aiuto dei bisognosi.
Quando non inserire l’attività di volontariato nel curriculum vitae
In linea generale, come visto, è sempre vantaggioso, ai fini della selezione, inserire le proprie attività di volontariato nel curriculum vitae. Ci sono casi specifici, però, nei quali è bene omettere queste informazioni. Indubbiamente il lavoro di un selezionatore o di un cacciatore di teste è anche quello di mettere da parte le proprie opinioni, analizzando ogni cv in modo oggettivo; è però anche vero che alcune attività di volontariato potrebbero essere interpretate nel modo sbagliato, a partire magari da stereotipi errati.
Ecco quindi che il nostro consiglio è quello di evitare di inserire nel proprio curriculum vitae delle attività di volontariato svolte presso un’associazione religiosa o presso un’associazione di stampo specificatamente politico. Il motivo è semplice: la fede religiosa e l’ideologia politica dovrebbero sempre restare all’esterno di un curriculum vitae. Questo non significa, però, che sia necessario tacere del tutto queste attività durante l’iter di selezione: si potrà parlarne, per esempio, durante il colloquio di lavoro, a faccia a faccia con il selezionatore, spiegando quali sono i benefici a livello professionale dell’aver svolto quella precisa attività.
Come e dove inserire queste informazioni nel CV
Come inserire l’esperienza di volontariato nel curriculum? Come sempre, quando si tratta di cv, è bene evitare di dilungarsi eccessivamente. La regola è quindi sempre la medesima, con brevità e chiarezza a farla da padrone.
In linea di massima, le esperienze di volontariato vanno inserite dopo la sezione dedicata alle esperienze lavorative, meglio ancora se dopo la sezione dedicata alla formazione e all’istruzione. A questo punto si inserirà quindi una piccola sezione autonoma, in cui inserire in modo breve l’attività di volontariato. Chi può contare un buon numero di esperienze professionali, e presenta quindi un cv ricco, potrà dedicare poco spazio al volontariato, indicando in una sola riga il ruolo ricoperto, l’organizzazione presso la quale si è svolta l’attività, il luogo e il periodo.
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