Ci sono addetti alle risorse umane del passato che non hanno mai sentito parlare della necessità dell’azienda di migliorare la candidate experience. Parliamo, però, di un mondo senza social network, di un mondo in cui non esistevano portali creati appositamente per “recensire” delle attività.
Oggi, invece, le aziende non possono fare a meno di impegnarsi per migliorare la candidate experience. Il motivo è semplice: una persona convinta di essersi trovata in un processo di selezione del personale gestito in modo poco professionale può danneggiare in modo serio l’immagine dell’azienda in quanto datore di lavoro, dando il via a un pericoloso passaparola.
Un tempo una brutta esperienza di questo tipo poteva essere raccontata al massimo al proprio intimo giro di amicizie, facendo ben pochi danni; oggi, invece, con i social network l’esperienza negativa di un singolo può portare a risultati anche gravi per l’acquisizione di nuovi talenti in azienda.
Il nostro modo di pensare è infatti cambiato, prima di entrare in un ristorante, prima di prenotare un albergo, prima di noleggiare un’automobile, prima di acquistare una nuova televisione siamo abituati a leggere le recensioni e le opinioni delle altre persone, così da ridurre al minimo le possibilità di prendere una decisione errata. Lo stesso avviene nel mondo del mercato del lavoro, con le persone – soprattutto i professionisti più qualificati – che, prima di candidarsi presso un’azienda, raccolgono informazioni su di essa.
Diventa, dunque, essenziale migliorare la candidate experience per essere certi di non compromettere la propria strategia di employer branding e la propria capacità di attirare nuovi talenti.
Costruire delle personas
Il concetto di migliorare la candidate experience, e quindi di migliorare l’esperienza del proprio pubblico di riferimento, non nasce certo all’interno del comparto risorse umane. Si tratta invece di un approccio proprio dei reparti di marketing e di vendita, i quali negli anni hanno cercato di migliorare sempre di più la customer experience, ovvero l’esperienza dei clienti.
Ecco quindi che, per migliorare l’esperienza dei candidati, i recruiter e i cacciatori di teste possono partire prendendo spunto proprio dalle strategie usate dai marketer.
È dunque necessario, prima di tutto, analizzare il proprio pubblico di riferimento, e inquadrare quello che è il proprio candidato ideale. Questa è, del resto, un’operazione che si dovrebbe fare sempre prima di lanciare un processo di ricerca e selezione del personale, così da poter definire in modo dettagliato le competenze, le capacità, le skills e quindi i requisiti minimi da inserire nell’annuncio del personale. Ma si può andare ancora più in profondità, creando delle personas di riferimento, delle rappresentazioni ipotetiche dei propri candidati ideali.
Qual è la loro età? Quali sono le loro esperienze professionali e il loro grado di istruzione? Le loro passioni? Le loro soft skill? E quali sono i lori timori?
Tutto questo deve essere messo per iscritto in un documento da distribuire a tutte le persone che si occuperanno della selezione del personale: così facendo tutti avranno chiare le caratteristiche peculiari del candidato ideale, e sapranno muoversi di conseguenza.
Il candidate journey
Una volta creata una rappresentazione quanto più precisa possibile del candidato ideale, è necessario pensare al percorso che questo intraprenderà per avvicinarsi all’azienda: per migliorare la candidate experience è infatti molto importante mettersi nei panni delle persone che affronteranno questo iter, individuando tutte le possibili criticità e gli eventuali ostacoli.
Si deve costruire una sorta di mappa cognitiva, andando ad individuare i passaggi del candidate journey.
Si tratta, essenzialmente, di 4 passaggi differenti – i quali potrebbero essere suddivisi ulteriormente in altri momenti più specifici. Abbiamo il passaggio dell’attrazione, quello della candidatura, quello del colloquio di lavoro e, infine, quello successivo al colloquio.
In ognuno di questi passaggi ci possono essere delle storture specifiche, che devono essere eliminate il prima possibile per migliorare il customer journey.
- Attrazione: questo momento si trova ancora prima dell’inizio del processo di selezione del personale. In questa fase il professionista si “accorge” dell’esistenza dell’azienda, e parallelamente prende consapevolezza della possibilità, per quanto ancora remota ed astratta, di poter, eventualmente, avanzare la propria candidatura.
Questo primo contatto può avvenire in molti modi differenti: durante una chiacchierata con gli amici, sui social network, leggendo un comunicato stampa dell’azienda e via dicendo. In questo stadio è importante mantenere alto il livello della qualità dell’immagine aziendale, nonché mostrare chiaramente i canali attraverso i quali mettersi in contatto con l’azienda.
- Candidatura: il passo successivo è la candidatura, il primo segnale concreto di interesse da parte del candidato. Se la candidatura è stata fatta, molto probabilmente in fase di attrazione, il candidato ha avuto una buona impressione dell’azienda. È dunque essenziale mantenere alta l’asticella dell’attenzione, fornendo tutte le informazioni del caso sul processo di selezione e, in ogni caso, fornendo un feedback relativo alla candidatura.
- Colloquio di lavoro: questo è il momento cruciale. Molto spesso, la cattiva gestione del colloquio conoscitivo con il candidato può compromettere l’immagine dell’azienda. È dunque possibile fare del proprio meglio per mettere a proprio agio il candidato: da questo punto di vista, tra l’altro, migliorare la candidate experience significa anche dare ai professionisti la possibilità di esprimersi al meglio, così da mostrare i propri punti di forza.
- Dopo il colloquio di lavoro: successivamente al colloquio di lavoro ci possono essere due esiti, ovvero l’assunzione o la mancata assunzione del candidato. Nel momento in cui un candidato non viene scelto, è importante non troncare di netto il rapporto: è invece necessario fornire un feedback in tempi ragionevoli, inviando un’email in cui lo si ringrazia per il tempo dedicato all’azienda e per l’interesse dimostrato. Eventualmente è anche possibile riportare i motivi che hanno portato i recruiter a scegliere un altro candidato.
Migliorare la candidate experience
Solo studiando il candidate journey e mettendosi nei panni dei propri candidati ideali è effettivamente possibile migliorare la candidate experience: senza questa mappa cognitiva risulta infatti difficoltoso individuare i vari errori che si compiono – o che si potrebbero compiere – durante il processo di selezione del personale.