Nella vita privata, non ci sono dubbi. Molto meglio essere affabili, amichevoli, socievoli, sempre pronti ad aiutare il prossimo e a sorridere. E nella vita professionale? Ebbene, la risposta non è così scontata. L’ottimale atteggiamento a lavoro, infatti non è sempre facile da costruire e da mantenere. A rendere tutto più difficile concorrono peraltro non poche narrazioni che vedono l’uomo di successo, il professionista che fa carriera e conquista il potere all’interno delle più importanti aziende, come una persona fredda, calcolatrice, disposta a tutto. Ecco quindi che molti professionisti, già all’inizio della loro carriera, adottano un atteggiamento a lavoro piuttosto ruvido, chiudendo l’affabilità all’esterno della porta dell’ufficio. Quanti film abbiamo visto in cui i manager, i dirigenti e i responsabili d’azienda si mostrano come degli automi freddi e distaccati, chiusi nel loro egoismo, e che però proprio grazie a queste doti riescono a primeggiare sugli altri? Molti, moltissimi. Per avere successo nella sfera professionale è quindi necessario mettere da parte il sorriso e cordialità? Uno studio sull’atteggiamento a lavoro condotto dall’Università della California a Berkeley ha cercato di capirlo, analizzando i diversi comportamenti e le rispettive conseguenze sul piano della carriera.
Lo studio sull’atteggiamento a lavoro
La domanda di partenza su cui poggia lo studio dell’Università della California a Berkeley è molto semplice. Sul piano lavorativo, per avere una carriera di successo, aiuta essere freddi e fortemente competitivi? O è meglio invece risultarsi affabili e disponibili? Non si tratta di uno studio improvvisato, anzi: l’indagine dei ricercatori californiani è durata ben 14 anni. Tutto è partito da dei sondaggi sottoposti a degli studenti di 3 università differenti. Lo scopo di queste interviste era capire quale fosse la loro personalità, andando a ricostruire 5 tratti per ogni persona, ovvero coscienziosità, apertura a imparare, estroversione, stabilità emotiva e gradevolezza. Questi sondaggi sono stati messi da parte per oltre un decennio, per poi essere ripresi in mano dai ricercatori, i quali hanno contattato nuovamente le medesime persone, inserite ora in tante differenti posizioni lavorative. Al campione è stato quindi proposto un nuovo sondaggio, con quesiti relativi alla loro carriera professionale. Si sono così raccolte tutte le informazioni necessarie circa il loro inquadramento, il loro traguardi professionali e il loro percorso. Altri quesiti, invece, si sono concentrati sull’esplorazione dei loro comportamenti, alla ricerca di eventuali episodi ricorrenti di paura, di dominazione, di aggressività, di intimidazione o di disponibilità verso i colleghi. Per rendere il tutto più oggettivo, inoltre, ulteriori questionari sono stati proposti ai colleghi stessi, i quali hanno potuto così valutare l’atteggiamento dei professionisti oggetto dello studio. Incrociando i dati, quindi, i ricercatori hanno potuto capire quanto determinati atteggiamenti sul posto di lavoro possono aiutare la carriera, e quanto altri comportamenti possono al contrario minare il successo professionale.
Quali sono stati i risultati dello studio? Ebbene, a quanto pare l’atteggiamento sul lavoro influenza in modo sensibile la carriera professionale. Dati alla mano, chi mostra un atteggiamento aggressivo oppure egoista non ha maggior probabilità di raggiungere il successo o posizioni migliori rispetto a chi invece si dimostra regolarmente gentile e generoso con i propri colleghi: lo stereotipo del lavoratore di successo scontroso e freddo, quindi, non sembra avere un riscontro evidente nella realtà. Gli studiosi, più nello specifico, ammettono che i dipendenti egoisti tendono a incrementare in modo concreto il proprio successo all’interno di un’azienda a scapito degli altri, con atteggiamenti apertamente aggressivi o manipolatori. Il vantaggio guadagnato con questi comportamenti, però, viene parallelamente vanificato dalla mancanza di buoni rapporto con i colleghi: quindi sì, l’aggressività sul luogo di lavoro può essere vantaggiosa, ma con dei benefici immediatamente annullati dall’inseparabile mancanza di solide e positive relazioni interpersonali.
Le persone cordiali e altruiste non possono ovviamente contare sui vantaggi che degli atteggiamenti manipolatori potrebbero garantire. Nonostante ciò, la loro assertività e la loro accentuata socialità li aiuta ad avere maggiori probabilità di fare carriera. Va però detto, come ammette l’autore principale dello studio, Cameron Anderson, «che vengono affidati incarichi a persone sgradevoli con la stessa frequenza rispetto alle persone persone più cordiali. Questo significa che, dati alla mano, si permette ai lavoratori egoisti di guadagnare successo alla medesima velocità degli altri, anche se questi stessi lavoratori possono causare gravi danni all’interno dell’ambiente lavorativo».
Il ruolo del selezionatore
Non ci sono dubbi: un professionista egoista, che non fa il gioco di squadra, che manipola i colleghi per svettare sopra agli altri e che si comporta in modo aggressivo non può che nuocere al team, e di conseguenza all’intera azienda. Se dunque un datore di lavoro potrebbe fare l’errore di selezionare un candidato capace, esperto ma fondamentalmente sgradevole, e tale da mettere in crisi lo spirito di una squadra, un head hunter ha invece il compito di proporre solamente dei candidati in grado di migliorare l’ambiente lavorativo. Si capisce quindi che, per aspirare alle migliori posizioni – tipicamente gestite da cacciatori di teste esperti – è necessario mostrarsi cordiali e capaci di fare il lavoro di squadra, e non solo durante il colloquio di lavoro. Va infatti sottolineato il fatto che i selezionatori più attenti non si limitano a prendere in considerazione il solo curriculum vitae e l’atteggiamento durante il colloqui, ma vanno più in fondo, attraverso l’analisi di referenze scritte e mettendosi in contatto con ex datori di lavoro, nonché con ex colleghi.
Cambiare atteggiamenti sul luogo di lavoro
Il consiglio che qualsiasi career coach darebbe a una persona che è alla ricerca di un nuovo lavoro e che ha un comportamento aggressivo e freddo in ufficio, dunque, sarebbe esattamente quello di adottare un nuovo atteggiamento. È bene non sopravvalutarsi, essere disponibili, ammettere i propri errori e le proprie mancanze, e fare gioco di squadra sul serio. È possibile – anzi, è consigliabile – esprimere la massima dedizione al lavoro e il massimo impegno per fare carriera e essere al medesimo tempo cordiali, umani e gradevoli: nessun datore di lavoro e nessun manager pretende che i propri sottoposti si trasformino in macchine senza cuore!